indirizzo: Via Badia, 65

Visitabile: Si

  eremo

Descrizione

Fondato nel 1293 da Fra’ Pietro Angelerio, futuro papa Celestino V, che lo dedicò all’eremita Sant’Onofrio, l’eremo del Morrone è collocato a 600 m di altezza su una ripida parete di roccia che affaccia sulla conca Peligna, ma è facilmente raggiungibile attraverso un sentiero percorribile a piedi in circa 20 minuti. 

La storia del piccolo romitorio è fortemente legata a quella del suo fondatore: in questo luogo aspro e solitario il Santo, di ritorno dalle solitudini dell’Orfento nel 1293, trascorse poco più di un anno finché proprio qui, nell’agosto del 1294, lo raggiunsero i cinque legati del conclave con il sovrano Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello per annunciargli la sua elezione a pontefice. Con molta probabilità già in epoca antecedente alla costruzione dell’eremo Fra’ Pietro aveva frequentato la zona, trovando rifugio in una grotta; tornò qui anche dopo la rinuncia al papato, ma solo per un brevissimo periodo fino al febbraio del 1295, prima della sua fuga. 

Con l’abolizione dell’ordine religioso nel 1807 il romitorio venne abbandonato, anche se in seguito continuò ad essere sporadicamente frequentato da vari eremiti, che si presero cura del luogo. Il complesso fu gravemente danneggiato nel 1943 durante la II Guerra Mondiale ed in seguito restaurato. La successiva ricostruzione, pur mantenendo intatta la planimetria, ha comunque radicalmente modificato l’aspetto esterno. 

La chiesa

Nonostante le ristrutturazioni, l’eremo ha mantenuto tutta la sua suggestione di luogo aspro e inaccessibile. Un breve passaggio porticato immette in un piazzaletto dal quale si accede alla chiesa, che conserva sulle pareti resti di affreschi quattrocenteschi raffiguranti Cristo Re e Il Battista e, in basso, pitture devozionali di epoca più recente. Fino al 1884 vi era custodito un trittico su tavola del XV secolo, raffigurante Sant’Onofrio, San Pietro Celestino e il Beato Roberto da Salle, che secondo i biografi di Celestino era il suo discepolo prediletto. Rilevante è il soffitto ligneo del 1400.

L'oratorio

In corrispondenza della parete di fondo della chiesa, di fronte all’ingresso, è ricavata una piccola cappella o oratorio rivestito da affreschi attribuiti ad un certo Magister Gentilis, forse sulmonese e contemporaneo di Pietro Celestino: sulla parete di fondo è rappresentata la Crocifissione con ai lati la Madonna e San Giovanni Evangelista; nella lunetta sovrastante è dipinta una Vergine col Bambino su fondo azzurro; nella lunetta di ingresso sono raffigurati San Benedetto tra i Padri eremiti Mauro e Antonio. Il soffitto è coperto da una volta a botte dipinta in azzurro e decorata da stelle a otto punte. Sulla parete di sinistra compare un altro affresco (sec. XIV) che ritrae Celestino in abito monastico e mantello bianco, con la tiara papale e la palma del martirio. Al centro è collocato un antico altarino molto semplice in pietra con su scolpito un rozzo crocifisso che, secondo la tradizione, sarebbe stato consacrato dallo stesso Celestino V durante la messa che celebrò qui in abiti pontificali prima di recarsi a Napoli.

Le celle

A destra dell’oratorio si apre un corridoio su cui affacciano le celle di fra’ Pietro e di Roberto da Salle le quali, unitamente all’oratorio, costituiscono il nucleo abitativo originario dell’eremo. In fondo al corridoio si trova una nicchia affrescata con una Crocifissione e, ai lati, due coppie di Santi tra i quali un San Pietro Celestino raffigurato con le vesti pontificali e il triregno. Sulla sinistra, attraverso una scalinata, si arriva al piano superiore, dove si trovano altri locali di servizio ed una terrazza panoramica dalla quale i fedeli, durante i pellegrinaggi o in concomitanza con alcune ricorrenze religiose, sono soliti lanciare sassi a simboleggiare l’allontanamento dalle tentazioni.

La grotta

Nella zona sottostante all'eremo si apre una piccola grotta scavata nella pietra, in cui quasi sicuramente il Santo si ritirava in preghiera e dove ancora oggi i fedeli praticano la strofinazione rituale, o si bagnano con l’acqua di stillicidio, per ottenere la guarigione dai mali.