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Sito Internet: http://www.parcomajella.it/

Descrizione


Appartenente al sistema delle numerose aree protette presenti in Abruzzo, ritenuto per questo Regione Verde d’Europa, il Parco Nazionale della Majella si caratterizza per l'elevata montuosità del suo territorio, che si trova per il 55% a quote superiori ai 2000 metri. L’ampia varietà morfologica ed altitudinale della sua area, unitamente al clima rigido, ma variabile, influenzato dall’azione mitigatrice del mare (distante solo 30 Km in linea d’aria),  hanno contribuito a creare una grande differenziazione di habitat per numerosissime specie viventi, che ne fanno un’area protetta singolare, vero e proprio scrigno per la più pregevole e rara biodiversità italiana.

Vaste aree al suo interno presentano aspetti tipici di natura selvaggia, con un ricco patrimonio nazionale di biodiversità floro - faunistica: il Parco ospita, infatti, oltre il 78% delle specie di mammiferi (eccetto i Cetacei) presenti in Abruzzo, e oltre il 45% di quelle italiane; più di 1800 le specie vegetali censite - circa un terzo dell'intera flora italiana - con elementi mediterranei, alpini, balcanici, pontici, illirici, pirenaici e artici.



Geomorfologia – I rilievi

Il Parco è costituito principalmente da rilievi carbonatici: la Majella propriamente detta, ampio e compatto massiccio calcareo di forma tondeggiante, il Morrone, il Porrara, il Pizzalto e il Rotella, con le valli e i piani carsici che fra esse si interpongono. 61 le cime, di cui 30 superano i 2000 metri - M. Amaro 2795 m, seconda vetta più alta dell’Appennino, M. Acquaviva 2737 m, Cima Murelle 2596 m, Pescofalcone 2676 m, Macellaro 2648 m, Tavola Rotonda 2403 m, Porrara 2137 m, solo per citare le più alte - e numerosi altri rilievi intermedi. Il massiccio della Majella, da cui prende nome il Parco, è forse il più singolare dell’Appennino. Originatosi, a partire da 100 milioni di anni fa, dalla lenta deposizione e sedimentazione di materiale calcareo biogeno sul fondo di un mare tropicale, e dalla più recente orogenesi avvenuta nel Pliocene (5 milioni di anni fa), è stato successivamente modellato dalle Glaciazioni Quaternarie, con la formazione di circhi e valli sommitali (Femmina Morta). Numerose sono le valli fluviali (Valle dell’Orfento, Valle delle Mandrelle, Vallone di Santo Spirito, Valle di Taranta) e molto suggestive le faglie della Valle dell’Orta, con il caratteristico canyon. Anche il carsismo ha lasciato tracce visibili: si contano, infatti, più di 100 grotte (tra cui le più rinomate ed estese sono quelle del Cavallone – che si snodano per circa 1,5 Km - e la Grotta Nera) e numerosi inghiottitoi, doline e Karren. La circolazione delle acque, praticamente assente in superficie, diventa abbondante nel sottosuolo, da cui originano più a valle copiose sorgenti. Tra le propaggini meridionali della Majella e il massiccio del M. Greco è situata l’area verde degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo, il più vasto sistema di altopiani carsici dell’Abruzzo interno costituito dall’allineamento di estese pianure in quota (tra 1200 e 1500 m s.l.m.), alcune delle quali localmente conosciute come “Quarti”: Altopiano delle 5 Miglia, Valle di Chiarano, Aremogna, i “Quarti” Grande, del Barone, del Mulino e di Santa Chiara. Anticamente erano veri e propri laghi, le cui acque oggi, grazie al fenomeno del carsismo, defluiscono in un inghiottitoio; a primavera con il disgelo e il conseguente maggiore apporto idrico, allagano l’intera zona fino a mutarne del tutto l’aspetto, che diventa simile a quello di habitat lacustri.

Flora

Vero e proprio crocevia di flussi genetici che nelle varie epoche hanno attraversato la Penisola, la Majella presenta una ricchezza floristica di eccezionale rilevanza, con oltre 2100 specie vegetali censite, circa un terzo dell'intera flora italiana, con elementi mediterranei, alpini, balcanici, pontici, illirici, pirenaici e artici. Qui hanno trovato rifugio molte specie vegetali che dal nord Europa o dalle steppe eurasiatiche si sono spinte, in seguito alle glaciazioni del Quaternario, fino a queste basse latitudini, rimanendovi poi isolate come veri e propri relitti glaciali. Molte popolazioni di natura relittuale, come ad esempio alcune orofite di origine balcanica, in seguito all’isolamento genetico, si sono differenziate in nuove specie e sottospecie e sono raggruppate in quella moltitudine di unità endemiche (140 in totale) o subendemiche che costituiscono la grande biodiversià caratteristica dell’Appennino centrale e in particolare della Majella. Ne sono esempi l’Adonis distorta, la viola magellensis, l’Aquilegia magellensis, il Leontopodium alpinum sbsp. nivale e altre ancora. La componente relittuale glaciale è costituita ad esempio dal Caprifoglio nero, la Betulla, la Scarpetta di Venere e il Mirtillo nero, mentre relitti terziari sono il Tasso, l’Agrifoglio e la Dafne laurella, legati agli ambienti caldo-umidi del periodo precedente alle glaciazioni. Molte sono anche le specie termofile a distribuzione mediterranea (Athamanta sicula, Geranium brutium, Aurinia sinuata, ecc.) che evidenziano così l’apparente paradosso dovuto alla coesistenza con specie relittuali glaciali, che spesso raggiungono qui il limite meridionale della loro distribuzione. L’attuale assetto floristico e vegetazionale deriva inoltre dalla millenaria azione dell’uomo, che come altrove ha determinato la distruzione di boschi di quercia, carpino nero e intere faggete per ricavare campi da coltivare o per estendere i pascoli montani. Nonostante tutto la Majella conserva ancora alcune estese faggete, come quella del Bosco di Sant’Antonio, che presenta l’aspetto di foresta vetusta, con esemplari di eccezionali dimensioni, la maggior parte dei quali con la caratteristica forma nodosa, dovuta, a quanto pare, alla “capitozzatura”, particolare e drastico taglio dei rami fatto nel passato per favorirne l’utilizzo al pascolo bovino. Nella fascia fitoclimatica compresa tra i 1700 e i 2300 m di altitudine, si trovano molte specie arbustive, come il Ginepro nano, il Sorbo alpino, l’Uva ursina e il Pino mugo – anch’esso relitto dell’era glaciale -, presente in estese mughete, altrove molto rare. Nelle rupi più inaccessibili della Valle dell’Orfento, del Vallone di Macchialunga e della Cima della Stretta si segnala la presenza del Pino nero in una varietà locale tipica della Majella.

Fauna

Nonostante la presenza dell’uomo abbia nel corso del tempo causato la rarefazione o perfino la completa scomparsa di molte specie animali, fra cui il Camoscio, il Capriolo e il Cervo, i cui ultimi esemplari furono abbattuti durante il XIX secolo, il parco ospita attualmente, grazie anche alle operazioni di reintroduzione delle specie scomparse, una fauna vertebrata ricca e diversificata. Molte sono le tipologie di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi presenti nel territorio. Il Lupo appenninico, anche per la sua straordinaria capacità di adattamento e soprattutto per la persistenza delle greggi al pascolo, è riuscito a sfuggire allo sterminio totale riservatogli dall’uomo nel passato. Diventato oggi simbolo del Parco, si riproduce ormai in maniera stabile e popola, con circa 8 – 10 branchi, l’intero territorio montano. Negli ultimi anni sono stati reintrodotti il Cervo e il Capriolo, che attualmente occupano tutte le aree boscate e le radure con un complesso di circa 600 individui. Da un primo nucleo liberato nel 1992 si è sviluppata una popolazione di Camoscio d’Abruzzo che oggi conta circa 700 individui che, insieme agli altri erbivori e alla numerosa presenza dei cinghiali, contribuiscono a favorire, nel ripristino delle originarie biocenosi, la sopravvivenza dei loro predatori naturali, come dell’intero ecosistema. Vive stabilmente nel parco anche l’Orso bruno marsicano, soprattutto nel settore meridionale dei Monti Pizzi, come anche in altre aree della Majella e di diversi massicci montuosi. Le aree forestali del Parco costituiscono l’habitat ideale per il Gatto selvatico, la Martora, la Faina, la Donnola, il Picchio dorsobianco, il Falco pecchiaiolo, l’Astore e per particolari e rari anfibi come l’Ululone dal ventre giallo, la Salamandra appenninica e per l’ancora più rara Salamandrina dagli occhiali. I fiumi, che scorrono con carattere tipicamente torrentizio fino alle zone pedemontane, ospitano il Merlo acquaiolo e, laddove l’ambiente fluviale è rimasto pressoché intatto, si rivelano i segni della presenza della rarissima Lontra, localizzata con certezza solo nelle acque dell’Orfento e dell’Orta. Sono infine registrate oltre 140 specie per l’avifauna, tra cui si segnalano quelle più specificamente montane: gli aspri ed inaccessibili valloni costituiscono rifugio ideale per l’Aquila reale, il Falco pellegrino, il raro Falco lanario, il Gracchio corallino e il Picchio muraiolo. Sui versanti più aridi ad oltre 1500 m, colonizzati da vegetazione arbustiva e caratterizzati da mughete e praterie d’alta quota, vive l’innocua Vipera dell’Orsini, uno dei più rari e particolari serpenti italiani, diffusa solo sui Balcani e in poche altre montagne dell’Appennino centrale. Oltre i 2.000 m, laddove anche gli arbusti stentano a crescere, tra le rocce riescono a vivere pochissime specie faunistiche, molto rare e specializzate, come il Fringuello alpino, il Sordone e l’Arvicola delle nevi. Il Piviere tortolino è sicuramente l’uccello più esclusivo della Majella dove è presente, seppure irregolarmente, da oltre 2.000 m di quota. Si tratta di una specie caratteristica della tundra che in Europa è stata segnalata come nidificante solo sulla Majella. Numerosissime, infine, le specie di insetti; sono presenti oltre 300 varietà di lepidotteri, tra cui alcune anche molto rare o endemiche.

Aree faunistiche

Apennine Wolf: Pretoro (CH); European otter: Popoli (PE) Apennine chamois: Pacentro (AQ); Cervo: Ateleta (AQ); Capriolo: Serramonacesca (PE).