Chiesa Di Gesù e Maria


indirizzo: Via Fanzago Cosimo, 2


La Chiesa di Gesù e Maria e l’adiacente convento dei frati minori furono costruiti nel 1611  per volere dei pescolani che intendevano ospitare una comunità di frati francescani. La facciata della chiesa, così come si presenta oggi, non corrisponde al progetto originario ma risale al 1855. Il prospetto originario, al quale possiamo risalire dalla pianta prospettica di Pescocostanzo del De Mattheis del 1715,  presentava un portico d’ingresso, un’unica finestra centrale e il tetto a falde denunciato all’esterno.

Il prospetto ottocentesco è scompartito in due livelli da un’alta cornice marcapiano modanata ed è inquadrato lateralmente da un ordine sovrapposto di paraste tuscaniche. Nella parte inferiore del piano di facciata campeggia al centro il portale in pietra dalle linee tardocinquecentesche, sormontato dallo stemma dell’Ordine francescano e affiancato da finestre con timpano mistilineo che accolgono i monogrammi della Vergine Maria e di S. Bernardino da Siena. Nella parte superiore, coronata da un cornicione modanato in pietra di poco aggettante, è collocata una finestra rettangolare ad edicola con timpano triangolare spezzato e mensole inginocchiate.
La chiesa presenta una pianta ad aula unica con pseudo cappelle laterali che accolgono gli altari, inquadrate da un doppio ordine architettonico di paraste ioniche scanalate. In controfacciata è situata una cantoria in muratura con volte a crociera, proveniente - con buona probabilità - dall’ampliamento della navata della chiesa per annessione della struttura dell’antico portico di facciata. Il coro dei frati, soprelevato di poco rispetto al piano dell’aula su una scalinata dal profilo curvilineo, è filtrato dalla presenza dell’altare maggiore, capolavoro dell’architetto bergamasco Cosimo Fanzago, che risente di echi provenienti dall’opera romana del Bernini. L’altare si articola su due livelli sovrapposti: quello basamentale, con i due portali laterali d’ingresso al coro, un paliotto centrale con tabernacolo e una bucatura dal profilo mistilineo che capta la luce della retrostante finestra absidale e sfrutta l’effetto chiaroscurale per risaltare la presenza del tabernacolo; quello superiore, con l’imponente fastigio barocco a colonne aggettanti e timpano semicircolare spezzato che inquadrano la tela de L’apparizione di Gesù e Maria a S. Francesco di Giambattista Gamba. Lo spazio barocco dell’aula, arricchito dall’apparato barocco di stucchi, affreschi e marmi policromi, è ritmato dalla copertura a botte a sesto ribassato che segue il passo dell’ordine architettonico inferiore e delle cappelle laterali.
Situato alla sinistra dell’ingresso, il primo altare laterale fu edificato nel 1639 per volere del nobile Leonardo Ricciardelli. Dal disegno ancora tardocinquecentesco, l’altare presenta il consueto apparato architettonico con colonne in pietra bianca scalanate e rudentate di ordine composito che inquadrano il dipinto centrale raffigurante la Vergine con il Bambino e S. Francesco. L’adozione del nuovo gusto barocco è ormai matura invece nel secondo altare a sinistra, quello della Beata Vergine Immacolata, attribuibile allo scalpellino pescolano Giuseppe Cicco. Qui i marmi policromi hanno sostituito la pietra bianca e gli intarsi marmorei dalle forme curvilinee e dai forti contrasti cromatici testimoniano la penetrazione della lezione fanzaghiana tra gli artisti e le maestranze locali. All’artista pescolano Norberto Cicco è invece ascrivibile l’altare di S. Anna (di fronte a quello dell’Immacolata) in cui le slanciate colonne composite ruotano rispetto al piano di facciata, sorreggono un fantasioso fastigio barocco e inquadrano la tela della Sacra Famiglia con S. Anna di Giambattista Gamba. Di notevole rilevanza artistica è il paliotto in marmo bicolore, bianco e nero, dai motivi floreali che sembrano incredibilmente vicini al gusto liberty. Di notevole interesse è quindi il paliotto dell’altare di S. Antonio (a destra dell’ingresso) opera anch’essa attribuita ai Norberto Cicco in cui il maestro sembra abbandonare il disegno geometrico per abbracciare la rappresentazione naturalistica. Il paliotto mostra un intreccio capillare di foglie e fiori fra cui si muovono serpentelli, insetti e volatili. Nella fascia inferiore si leggono quattro lettere: “I D R C” che, secondo lo storico Gaetano Sabatini, testimonierebbero l’intervento del pescolano Roberto Cicco (Incidit Delineavit Robertus Ciccus).
Opera del Fanzago, situato a sinistra della chiesa, il quadriportico è formato, per ciascun lato, da cinque archi a tutto sesto che poggiano su pilastri quadrati con basi e capitelli semplici, posti al di sopra di un parapetto continuo in muratura; al centro del chiostro vi è un pozzo ottagonale. L’ala nord del chiostro presenta al primo piano una loggia ad archetti sostenuti da colonnine, in numero doppio rispetto alle arcate sottostanti.