indirizzo: Via Porta Romana, 16

Descrizione

La porta era conosciuta in passato col nome di “Pinciara”, in quanto serviva l’omonimo borgo che doveva tale denominazione alle numerose fabbriche per la produzione di embrici attive in epoca medievale; la prima citazione come Porta Romana è presente nel catasto cittadino del 1376. Nel XVI secolo assunse anche il nome di Porta San Matteo, per la vicinanza alla piccola chiesa dedicata al Santo, ancora oggi esistente benché allo stato di rudere. Le strutture attuali risalgono al 1429, come attesta l’iscrizione in numeri romani apposta sulla sinistra dell’arco, sotto la quale si trova uno scudo recante, al centro, l’iniziale “M”, forse da riferire a quel Meo citato in un’altra epigrafe in caratteri gotici murata sul vertice dell’apertura, di discussa lettura. Il testo recita: “Questa porta fece fare Meo de Bubu (o Buzu) de Lucia” e pertanto sembrerebbe fornire il nome del costruttore o del finanziatore del rifacimento della porta. Da fonti archivistiche degli anni 1389-1412 emerge un certo Butio de Lucia e, in un ulteriore documento del 1445, è attestato un Meo Butii de Lucia che potrebbe fornire la giusta chiave di lettura del nome riportato dall’iscrizione. Una successiva conferma sembrerebbe provenire dal catasto del primo Cinquecento, in cui figura un “orto allo torrone di Meo de Buccio de Lucia” confinante con via di Porta Romana, che dimostrerebbe come questo personaggio si sarebbe fatto carico, non solo delle spese per la ristrutturazione della porta, ma anche del vicino torrione difensivo (il “torrone” citato nel testo), tanto che quest’ultimo ne avrebbe conservato il nome anche in epoca successiva.

Altre info

Tra le porte esistenti è l’unica che presenta un arco a tutto sesto; si apre lungo il lato occidentale della cinta muraria trecentesca, della quale si conservano sia superiormente che ai lati tratti in opera incerta che, verso sud, si raccordano alla Porta Bonomini, uno dei varchi della prima cinta muraria. È costituita da un arco a tutto sesto sostenuto da robusti pilastri che si concludono, in prossimità dell’imposta dell’arco, con una cornice modanata che fascia i due prospetti – interno ed esterno – della porta urbica e si interrompe in corrispondenza della scanalatura della chiusura a saracinesca. La porta era dotata anche di un secondo sistema di chiusura, più tradizionale a due ante, di cui sono tuttora visibili gli anelli di sostegno dei cardini superiori. Sul paramento murario, a blocchi squadrati di pietra, sono presenti a destra lo stemma civico con la sigla S.M.P.E., le iniziali del famoso verso ovidiano “Sulmo mihi patria est”, sulla sinistra un secondo stemma con una “M” al centro e, sopra l’iscrizione, con la data 1429, l’epigrafe centrale che, con ogni probabilità, riporta il nome del finanziatore dell’opera.