indirizzo: Via Francesco Petrarca, 24

Visitabile: Si

Orari: 8:00/12:00 – 16:00/18:30 (estate 16:30/19:30)

Descrizione

Collocata lungo l’importante asse viario di corso Ovidio, la chiesa della SS. Trinità è documentata a partire dal XVI secolo. La sua storia è strettamente legata a quella dell’omonima arciconfraternita, che vi stabilì la sua sede sul finire del XVI secolo, quando i Padri Celestini della vicina Abbazia di Santo Spirito al Morrone le concessero la chiesa allora denominata di San Giacomo in Cartolano; a seguito di ciò il tempio assunse la definitiva dedicazione alla SS. Trinità.  L’edificio sacro ha subito nel corso del tempo numerosi rifacimenti e trasformazioni che ne hanno profondamente mutato l’assetto originario. All’indomani del disastroso sisma del 1706 furono ricostruiti sia la facciata - sul cui portale venne inserito, all’interno del timpano, un busto raffigurante il Padre Eterno - che l’interno, ove l’impianto planimetrico fu ridotto ad una sola navata. Tra il 1743 ed il 1744 venne riedificato anche il campanile, in sostituzione di quello costruito da mastro Cesare Lombardo nel 1602, andato distrutto.
Nel 1958, dando seguito alla parziale attuazione del piano urbanistico “Aschieri”, si decise, tra le altre cose, di ampliare la carreggiata di corso Ovidio; ciò rese  necessario l’arretramento della facciata di circa otto metri per allinearla alla cortina posteriore dei nuovi portici. Ne conseguì una drastica riduzione della planimetria della chiesa – che modificò la spazialità interna – e l’abbattimento del campanile e di altre strutture di pertinenza. Solo in un secondo tempo vennero aperti, al di là dell’arco trionfale, due fornici laterali che consentirono l’annessione di altrettanti ambienti, ottenendo così una sorta di transetto che trasformò la pianta a navata unica in una croce latina.
Infine, di recente, nel 1999 si è proceduto ad un accurato intervento di restauro per restituire alla chiesa, nonostante le notevoli mutilazioni e perdite, l’elegante apparato decorativo interno. Prerogativa del tempio è l’Adorazione perpetua del SS. Sacramento, con l’esposizione dell’Eucarestia che perdura ininterrottamente dalla seconda guerra mondiale.

Esterno

La facciata, nonostante il drastico arretramento, venne accuratamente ricomposta nelle sue forme originarie: realizzata in conci regolari di pietra, si presenta a terminazione orizzontale, delimitata lateralmente da paraste e suddivisa in due ordini da una cornice marcapiano modanata, simile a quella del coronamento. Nella campata inferiore, che imposta su una zoccolatura continua, si apre il portale architravato, affiancato da due colonne di ordine composito erette su alti piedistalli, che sostengono una trabeazione modanata sormontata da un timpano triangolare, entro cui è collocato il busto in pietra dell’Eterno Padre proveniente, probabilmente, dalla diruta chiesa di Sant’Agostino. In corrispondenza del portale si apre in alto una finestra rettangolare, conclusa da timpano mistilineo.

Interno

La chiesa presenta una pianta a croce latina, con un’unica breve navata al termine della quale due arcate laterali a sesto ribassato si aprono sui bracci del transetto. Le pareti perimetrali sono scandite da una teoria di lesene scanalate, sormontate da capitelli impreziositi da dorature; la copertura è data da un soffitto a cassettoni, in gesso decorato a stelle e rosoni, che ha obliterato la volta dipinta nel 1915, in sostituzione di precedenti pitture, dall’aquilano Carlo Patrignani, allievo di Teofilo Patini. Sulla parete di controfacciata, al di sopra della controporta in legno dipinto e dorato del 1931, sono collocati il moderno organo - realizzato nel 1966 - e la cantoria del 1761, opera dell’ebanista Ferdinando Mosca, che in quello stesso anno realizzò anche i due confessionali in legno di noce. La balaustrata del palco d’organo, a profilo mistilineo, presenta nel prospetto sei pannelli con scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento del pittore Crescenzo Pizzala (1774-1777). Allo stesso autore sono attribuiti anche i due medaglioni dipinti entro cornici in stucco dorato sulle pareti laterali, che raffigurano i Dottori della Chiesa in gloria. Nel presbiterio è collocato in posizione centrale un Crocifisso ligneo, di scuola locale, realizzato presumibilmente nel XVI secolo. Alla testata del transetto sinistro è addossato l’imponente armadio da sacrestia, con tre statue entro nicchie nella parte superiore, due delle quali settecentesche: al centro il Cristo Risorto, attribuito allo scultore napoletano Gennaro Franzese e, a destra, Sant’Isidoro Agricoltore, opera firmata da Giacomo Colombo e datata 1715, proveniente dalla chiesa di San Filippo; nella teca di sinistra la moderna statua di San Lorenzo. Nel braccio destro del transetto è stata ricavata la Cappella del SS. Sacrament, che accoglie l’altare maggiore (1858) in pietra dipinta, dedicato alla SS. Trinità; l’arredo sacro è sormontato dal gruppo settecentesco in legno e cartapesta della SS. Trinità, mentre nel paliotto è custodita la statua lignea del Cristo Morto del 1750.

Arciconfraternita della SS. Trinità

La chiesa ospita sin dal XVI secolo l’antico sodalizio laico della SS. Trinità dei Pellegrini e Convalescenti che, già esistente agli inizi del XIV secolo, si occupava della cura dei pellegrini, dei convalescenti e delle anime dei defunti e praticava la carità verso il prossimo. La stessa Arciconfraternita cura anche la tradizionale e suggestiva Processione del Cristo Morto, che ogni anno, la sera del Venerdì Santo, prende le mosse dalla chiesa e sfila per le vie del centro storico cittadino, con le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, accompagnate al chiarore dei “fanali” dal mesto canto di un coro di sole voci maschili.