indirizzo: Via Panfilo Mazara, 22

Visitabile: Si

Orari: La chiesa è aperta dalle 9.00 alle 19.00. La Rotonda è aperta solo in occasione di particolari eventi.

  chiesa parrocchiale

Descrizione

La prima menzione della chiesa di San Francesco della Scarpa risale al 1241, anno in cui la sua costruzione era stata già ultimata; nel 1290, per volontà del re Carlo II d’Angiò, venne riedificata ed ampliata in un complesso architettonico molto più imponente del precedente, tale da risultare “la più importante chiesa francescana medievale d'Abruzzo".

Il rinnovato edificio doveva presentare una struttura complessa ed articolata, secondo schemi compositivi tipicamente gotici: impianto planimetrico longitudinale a tre navate coperte da volte a crociera ed altrettante absidi poligonali; archi e campate di raccordo tra le pareti del corpo longitudinale e quelle più divaricate del presbiterio.

La chiesa attuale non corrisponde a quella di età angioina,  in gran parte crollata in seguito ai vari terremoti, bensì alla sua ristrutturazione settecentesca.

Già il terremoto del 1456, infatti, aveva seriamente compromesso la fabbrica, ma a provocare danni irreparabili fu il sisma verificatosi nel 1706: con il crollo della campata superiore del fronte si persero tutta l’opera di traforo del rosone e le strutture interne delle tre navate. Rovinarono anche il campanile e l’intera zona presbiteriale, di cui restano oggi solo parte del perimetro poligonale delle absidi e il monumentale ingresso laterale affacciato su Corso Ovidio, rimasti isolati dal corpo della nuova chiesa, che venne ricostruita più piccola e ad una sola navata.


Esterno

La facciata, originariamente a coronamento orizzontale, si presenta attualmente a salienti con due ali curvilinee di raccordo, frutto del consistente ridimensionamento delle strutture interne con la trasformazione della chiesa, originariamente a tre navate, in un unico ambiente a sala. E’ divisa orizzontalmente da una cornice marcapiano scolpita a foglie d’acanto. Ben conservato è il portale trecentesco, forse opera dello stesso Nicola di Salvitto che realizzò la facciata della cattedrale di S. Panfilo: su un’alta zoccolatura si erge l’arcone a sesto acuto sostenuto esternamente da due colonne, alle quali si affiancano - lungo il profilo strombato - pilastri alternati a colonnine; la serie dei capitelli è decorata da foglie d’acanto. Nella lunetta è un affresco con la Madonna del latte tra angeli e devoti (fine sec. XIV). Le finestre ai lati del portale sono aggiunte posteriori; nella campata superiore del fronte rimane solo la cornice del rosone, a bassorilievo, mentre è andato perduto l’intero lavoro di traforo che ne decorava l’interno. Sul fianco sinistro della chiesa si osserva un ulteriore portale dalle linee tardo rinascimentali (oggi murato) nel quale, al centro di un timpano semicircolare spezzato, si innesta uno stemma mobile con l’emblema dell’Ordine francescano. Sulla sinistra vi è poi un portale minore, dalle linee più semplici, realizzato nel XIX secolo per permettere l’accesso ad un piccolo oratorio di proprietà della Confraternita di Santa Maria degli Angeli.

Interno

Ricostruita dopo il 1706, la chiesa fu trasformata in un ambiente ad aula unica con spazi annessi lateralmente. La forma che ne deriva è una sorta d’impianto centrale a croce greca longitudinalizzata in cui pieni murari e cappelle laterali si alternano, dando vita all’aula ecclesiastica, al transetto con i due altari laterali - sottolineato in alto dalla cupola - e al presbiterio quadrato in cui si aprono due profonde cappelle laterali. La composizione per cellule spaziali adiacenti che costituisce il principio aggregatore della chiesa settecentesca è rimarcata dalla teoria di paraste di ordine composito e dall’alta trabeazione che, assieme alle decorazioni a stucco degli altari, costituiscono una delle più interessanti testimonianze del lavoro delle maestranze di origini lombarde che operarono nel corso del XVII secolo nella ricostruzione post-sisma degli edifici religiosi in territorio abruzzese. In controfacciata è situato l’organo ligneo del 1754, opera di Domenico Antonio Fedeli da Camerino, incorniciato da una monumentale mostra in legno intagliato. Al rifacimento settecentesco appartengono altri notevoli arredi lignei: il pulpito, riconducibile alla bottega del famoso ebanista di origini pescolane Ferdinando Mosca, il tabernacolo della Cappella dei Lombardi e i due confessionali provenienti dall’Abbazia di Santo Spirito al Morrone. L’interno della chiesa è impreziosito anche da pregevoli opere pittoriche: campeggia al centro della navata il Crocifisso dipinto in legno di pero (del ‘400), spostato solo di recente dalla parete di controfacciata; sulla destra il cosiddetto Altare dei Lombardi, o di Sant’Elisabetta (1508), con le raffigurazioni a rilievo di Sant’Ambrogio a sinistra, San Carlo Borromeo a destra e la pala della Visitazione, realizzata dal pittore bergamasco Giovanni Paolo Olmo. La cappella successiva é intitolata alla Madonna degli Angeli e contiene un’ancona in cui sono rappresentati la Vergine col Bambino e Angeli. Sulla parete opposta, in posizione simmetrica, sono collocati altri due altari: il primo dedicato a Sant’Antonio, per il quale il pittore Eugenio Porretta d’Arpino eseguì nel 1766 una tela con il Santo in adorazione di Gesù Bambino; l’altro consacrato alla Vergine, su cui è posto il dipinto della Madonna tra San Giovanni Battista e San Francesco di Paola. In controfacciata rimangono tracce di un ciclo di affreschi, risalente alla fine del Trecento, con scene della vita di San Francesco.

La "Rotonda"

I resti dell’area presbiteriale, sopravvissuti al sisma di inizio Settecento, definiscono lo spazio, realizzato nel corso del XIX secolo, di quella che oggi è conosciuta come “Rotonda”, ovvero un cortile a pianta ellittica su cui affacciano piccoli ambienti utilizzati nel passato come botteghe. Vi si accede attraverso l’antico portale laterale della chiesa, più imponente rispetto a quello di facciata, poiché collocato sull’asse viario principale. Preceduto da un’alta scalinata, è caratterizzato da una profonda ed ampia strombatura e da capitelli finemente lavorati. Nelle riseghe si alternano sei colonnine lisce e cinque pilastrini per parte, che poggiano su un robusto zoccolo e si sviluppano, oltre i capitelli, in undici archi a tutto sesto progressivamente decrescenti verso la lunetta. Quest’ultima, affrescata nei primi del Cinquecento, inquadra una Madonna col Bambino tra San Francesco e la Maddalena. La monumentale opera lapidea fu realizzata dai maestri e tagliapietre lombardi, che erano presenti a Sulmona ed avevano una loro cappella nella chiesa. Sulle pareti interne delle strutture absidali sono appena leggibili tracce del ciclo di affreschi dedicati al Santo titolare della chiesa, dipinti nel ‘400 da Andrea De Litio. Il barbacane di fianco al portale fu costruito, secondo la tradizione, dopo il terremoto del 1456 per rinforzare questo corpo di fabbrica, gravemente danneggiato; è rivestito in pietra da taglio disposta in conci regolari. Nella parte superiore è posta una statuetta di San Francesco, mentre sulla sommità sono alloggiate tre campane. A sinistra dello sperone sono ancora visibili i resti delle absidi poligonali e una delle monofore che illuminavano il presbiterio. Oggi la “Rotonda” viene utilizzata per l’allestimento di mostre ed eventi culturali cittadini.

L’edificio conventuale (Palazzo San Francesco)

Dell’antico convento non rimane oggi che l’articolazione planimetrica incentrata attorno a due cortili, secondo moduli utilizzati negli analoghi edifici francescani; tutto il resto – la distribuzione dei locali, la facciata con rivestimento a bugnato in pietra da taglio sagomata a punta di diamante – risale ad interventi successivi. Dopo la soppressione del convento nel 1809, l’edificio ebbe varie destinazioni d’uso: prima scuola, poi caserma, mercato e oggi sede del municipio, perdendo così ogni legame col passato.