indirizzo: Via Giuseppe Angeloni, 47

Orari: Chiesa chiusa a seguito del sisma del 2009; Convento (parte occupata da uffici comunali): lun. – ven. 8:00/14:00; lun. – giov. 15:45/17:15

Ingresso: Libero

Descrizione

La chiesa è situata nel cuore dell’antico sestiere di Porta Japasseri; nel 1280 fu fondata dai padri predicatori domenicani per volere di Carlo I d’Angiò, particolarmente legato all’Ordine religioso. Inizialmente dedicata a San Nicola di Myra, godette sempre di privilegi e donazioni da parte della casa reale. Il convento, annesso alla chiesa, fu costruito circa un decennio più tardi e dotato di un cospicuo patrimonio terriero che si incrementò ulteriormente nei secoli; costituì il primo complesso monastico sorto all’interno della cerchia muraria antica e fu oggetto di successivi rimaneggiamenti ed ampliamenti ad opera della Regina Giovanna e di Ludovico di Taranto. Il monastero vantava una vasta e ricca biblioteca e, secondo fonti storiche locali, fu meta di esimi studiosi attratti dalla presenza di uno studio teologico; il patrimonio librario, dopo la soppressione dell’Ordine, fu poi trasferito nel 1815 presso il Palazzo Comunale e successivamente è entrato a far parte della dotazione della Biblioteca civica. 

Nel corso del tempo i terremoti che hanno funestato la città (nel 1349, 1456, 1706 e, infine, nel 1915) ne hanno ripetutamente compromesso le strutture, rendendone più volte necessaria la ricostruzione: poco dopo la metà del XIV secolo venne riedificata la chiesa i, nel 1572, l’intero complesso fu ridotto a nuova forma grazie alla munificenza di padre Pietro Martire Tabassi. 

Le trasformazioni più significative avvennero però dopo il terremoto del 1706, quando si previdero il consolidamento e la conservazione delle parti esistenti e la trasformazione degli spazi interni. 

Dalla fine del secolo XVIII il complesso divenne sede di alloggiamento di truppe, sia durante l’occupazione francese che dopo il ritorno dei Borboni e ancora nel periodo postunitario fino al febbraio 1957, data della soppressione del Distretto. 

Negli anni seguenti ha mantenuto la sua funzione di sede militare, ospitando Comandi territoriali, l’ultimo dei quali è stato l’Organizzazione Penitenziaria Militare. 

L’edificio conventuale costituisce oggi il risultato di una vicenda architettonica complessa. Oggi ospita il Polo Universitario di Economia e Gestione delle Risorse Culturali, Ambientali e Turistiche al pianterreno e, al piano superiore, alcuni uffici comunali e la sede del Centro Sociale Anziani.

Chiesa

Da fonti archivistiche si desume che in origine l’edificio ecclesiale doveva possedere un portale gotico - simile per tipologia a quelli presenti in altre chiese sulmonesi (come San Francesco della Scarpa e San Panfilo) - e, al centro della campata superiore, un rosone. Attualmente l’esterno presenta una facciata in stile barocco incompiuta, riedificata dopo il sisma del 1706 e ulteriormente rimaneggiata dopo quello del 1915. Il paramento in conci squadrati riveste all’incirca fino a metà altezza la facciata, fasciata da sei lesene - di cui le centrali binate - che inquadrano il portale architravato con cornice superiore mistilinea, al centro della quale è scolpito un Agnello crocifero, assai guasto, sormontato da una rosetta a quattro petali. La mostra esterna è costituita da lesene leggermente concave con rosoncino centrale in rilievo, ruotate rispetto al piano di facciata e terminanti in capitelli a elementi fogliacei; la soprastante trabeazione è conclusa da un fastigio modanato a profilo curvilineo. Su una delle due ante lignee è posto lo stemma dell’ordine domenicano, con un cane rampante che reca in bocca una torcia fiammeggiante, sormontato da una stella a sei punte. L’interno, ad impianto longitudinale, conserva l’impostazione architettonica della chiesa primitiva e la suddivisione in tre navate con sei arcate a tutto sesto per lato, sostenute da robusti pilastri quadrangolari. A don Vincenzo Pantaleo si deve il fonte battesimale all’inizio della navata sinistra, realizzato dalla ditta Pagliaro di Sulmona nel primo quarto del Novecento; una lapide commemorativa all’ingresso ne ricorda l’opera, al fianco del parroco don Giuseppe Di Placido che operò per la riapertura della chiesa nel 1924, dopo i lavori seguiti al sisma del 1915. Lungo le pareti laterali in passato erano collocati numerosi altari, oggi per la maggior parte scomparsi; alcune delle preziose tele che li ornavano, fra cui una pala di scuola umbro-marchigiana del XVI secolo raffigurante la Deposizione, sono attualmente esposte all’interno del Polo Museale Civico Diocesano di Santa Chiara; in una teca è custodita la statua recumbente del Cristo Morto, appartenuta alla diruta Chiesa di Sant’Ignazio, che sfilava anticamente nella “Processione del Venerdì Santo”. Crollata la volta nel terremoto del 1915 e sostituita con una copertura piana a cassettoni, dopo il terremoto del 1984 fu realizzata la nuova copertura a capriate lignee. Nel 1926 fu inaugurata la casa canonica, attigua alla chiesa.

Convento

L’imponente struttura, dopo la soppressione degli ordini religiosi, fu lungamente adibita a sede militare e perciò profondamente trasformata rispetto all’assetto originario. All’interno dell’edificio monastico gli elementi architettonici antichi sono riconoscibili in una sequenza di otto ampie arcate in conci di pietra, di cui sette a sesto acuto e solamente una, la penultima, a tutto sesto – probabilmente ricostruita dopo un evento sismico – che si innesta nell’angolo della parete absidale della chiesa; restano inoltre lunghi corridoi coperti da volticelle a crociera e tracce di un porticato, costituito da sei colonne e quattro pilastri quadrangolari in pietra sormontati da capitelli, prospicienti i due lati del cortile interno. In esso è presente un pozzo circolare profondo circa 30 metri, la cui acqua, secondo una comune credenza, avrebbe virtù miracolose in quanto benedetta dal Santo taumaturgo Vincenzo Ferrer, che giunse a Sulmona nel 1418 e dimorò presso il convento. In tempi abbastanza recenti anche l’area adiacente al complesso, corrispondente all’orto dei frati domenicani e adibita per qualche decennio a Cinema Arena, è stata inglobata dalla Caserma militare e trasformata in funzionale ingresso principale.