indirizzo: Piazza Garibaldi, 65

Visitabile: Si

Descrizione


La costruzione della chiesa e dell’oratorio di San Filippo Neri ebbe inizio alla metà del XVII secolo e si concluse nel 1677. La congregazione, però, in principio, ebbe sede - insieme a quella dei Padri Gesuiti - presso la chiesa di Sant’Ignazio, situata in piazza XX Settembre e oggi non più esistente; solo in un secondo momento si trasferì in Piazza Maggiore – l’attuale Piazza Garibaldi -  all’interno del Borgo pacentrano, vivace e popoloso.

Il terremoto del 1706 costrinse ad una ricostruzione del complesso, di cui si fece magnanimamente carico il barone Giambattista Mazara tra il 1785 e il 1794, meritando la lapide commemorativa posta sulla parete destra della chiesa; l’annesso convento dovette assumere notevole decoro, tanto che nel 1796 poté persino ospitare il re Ferdinando IV di Borbone in visita alla città.

Nel 1799, con la soppressione dell’ordine dei Filippini, i Padri lasciarono la città e l’edificio sacro, abbandonato e ridotto ad uso profano, fu trasformato in forno e adibito anche ad usi militari. Allo stesso modo l’oratorio, incamerato dal Regio Demanio, ebbe varie destinazioni d’uso e oggi è sede del Comando della Guardia di Finanza.

Solo nel 1920 la chiesa riacquistò l’uso religioso, divenendo sede della parrocchia di Sant’Agata. Da qui ha inizio la mattina di Pasqua la tradizionale manifestazione della Madonna che scappa in piazza, gioiosa conclusione della Settimana Santa sulmonese.

Esterno

L’aspetto più rilevante della chiesa è costituito dalla facciata, appartenuta alla scomparsa chiesa gotica di Sant’Agostino, eretta nel 1315 nell’area dove oggi si trova il Monumento ai Caduti (piazza Carlo Tresca). Fu, infatti, tra il 1883 e il 1885 che le autorità comunali - prima del definitivo crollo della chiesa degli agostiniani, irreparabilmente danneggiata dal terremoto del 1706 - decisero di preservarne il prospetto, sovrapponendolo al fronte ancora incompiuto della chiesa di San Filippo. Le operazioni di smontaggio e ricomposizione apportarono però alcune sostanziali modifiche: venne aggiunto un alto basamento con gradinata, ridotti i contrafforti delle lesene e chiuse le due finestre di facciata. Il portale fu invece ricostruito fedelmente e costituisce oggi uno dei più pregevoli esempi di arte gotica in Abruzzo. Esso presenta uno schema ad arco a sesto acuto con strombatura sottolineata dalla sequenza di colonnine tortili e pilastri con ricchi capitelli; le colonne esterne a sezione ottagonale, da cui si diparte il frontone cuspidato, sostengono pinnacoli con gli stemmi degli Angioini e della famiglia sulmonese dei Sanità, che aveva contribuito alla costruzione della chiesa. Al centro dell’architrave un bassorilievo ritrae un agnello crocifero, sui lati sono dipinti quattro stemmi di difficile lettura a causa del mediocre stato di conservazione. Nella lunetta era collocato un affresco quattrocentesco rappresentante la Madonna col Bambino tra Sant’Agostino e San Lorenzo, staccato in occasione del trasferimento della facciata ed esposto nel Museo Civico; nel timpano, invece, al di sotto di un oculo quadrilobato, campeggia un rilievo con la raffigurazione di San Martino a cavallo che dona il suo mantello al povero. La cornice marcapiano che suddivide la facciata in due parti ben distinte – quella superiore rimasta grezza, quella inferiore lavorata – è ornata da una singolare sequenza di teste scolpite di santi, monache, vescovi ed altri personaggi nelle fogge dell’epoca.

Interno

La chiesa, rimaneggiata dopo il terremoto del 1706, presenta un linguaggio barocco di stampo settecentesco. L’aula unica con quattro altari laterali è composta di due campate quadrate coperte da pseudocupole: a base circolare su pennacchi trapezoidali, la prima, a calotta e priva di aperture, più alta e illuminata da otto finestre quella situata sul presbiterio. Le due cellule spaziali con gli altari laterali sono separate da un breve pieno murario voltato a botte che accoglie due piccole cappelle minori e, più in alto,altrettante cantorie. Il presbiterio, con abside a scarsella, è coperto da una volta a botte che accoglie il dipinto a tempera, la Madonna col Bambino tra schiere angeliche, attribuito ad Amedeo Tedeschi - allievo del Patini - e databile tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del secolo seguente. L’altare maggiore in lastre di marmo risale al 1888, lo stesso anno in cui il pavimento, danneggiato durante i lavori di riadattamento della facciata, venne abbassato fino alla quota della nuova porta. Le due tele degli altari laterali più prossimi al presbiterio, a destra i Sacri Cuori di Gesù e Maria, a sinistra l’Immacolata Concezione, sono opera rispettivamente del sulmonese Vincenzo Conti (1812) e di Carlo Patrignani, altro allievo di Patini, che la eseguì agli inizi del XX secolo. Notevole inoltre l’organo in controfacciata, di fattura ottocentesca, costruito probabilmente dal cremasco Pacifico Inzoli.