indirizzo: Via Panfilo Mazara, 26

Orario: 8:00-20:00

Ingresso: Libero

Descrizione


Ubicato nel centro storico di Sulmona, Palazzo Mazzara costituisce una delle emergenze architettoniche più significative della città settecentesca, risorta dalle rovine del terribile terremoto del 1706. Sorto sulle strutture di un preesistente edificio di probabile origine cinquecentesca, Palazzo Mazzara presenta infatti motivi architettonici e decorativi che caratterizzano la produzione barocca della seconda metà del Settecento in ambito sulmonese.

A livello tipologico l’edificio presenta prospetti compatti e fasciati alle estremità da possenti cantonali in pietra da taglio, sul modello dei restanti palazzi nobiliari sulmonesi dello stesso periodo.


Prima notizia certa dell’esistenza del palazzo risale al 1748, anno in cui il Notaio Patrizio di Sebastiano di Sulmona roga un atto nel quale la famiglia Mazzara acquista alcuni stabili, con l’accorpamento dei quali si delimitò il sito su cui venne edificato, di lì a poco, il nuovo palazzo.

Con buona probabilità, l’intervento settecentesco non consistette in una vera e propria riedificazione dell’edificio precedente; dello stesso si riutilizzarono le murature portanti principali (come attestano ancora oggi alcune evidenti irregolarità del tracciato murario dell’edificio) e ad esse si aggiunsero altri corpi di fabbrica, alcuni di nuova edificazione, altri provenienti invece dalla trasformazione dei locali acquisiti dai Mazzara nel 1748.


Tale ipotesi sembra avvalorata dal periodo relativamente breve nel quale si tennero i suddetti lavori che appaiono in fase di ultimazione già intorno al 1759, anno in cui la marchesa Smeralda Mazzara convenne con i mastri falegnami Agostino Giovannucci, Cristofaro Mascilli, Michelangelo Saccoccia di Sulmona e Pietropaolo Magnacco di Roccaraso per la lavorazione degli ornati di otto infissi in legno di noce delle finestre del palazzo, “secondo il disegno venuto da Napoli”, poi modificato dal maestro pescolano Ferdinando Mosca.


Lo stretto legame con la cultura artistica napoletana è ravvisabile in una planimetria di progetto del palazzo (priva di qualsiasi indicazione cronologica ma, per le modalità grafiche e per le soluzioni architettoniche adottate, riferibile alla metà del XVIII secolo),  attualmente conservata presso la Biblioteca Comunale “P. Ovidio Nasone” di Sulmona.


Il disegno illustra l’ideazione di una sontuosa scalinata a tre rampe, di chiaro gusto settecentesco, da collocarsi nei locali posti lungo il lato di fondo del cortile del palazzo. Dal piano terra furono previste due rampe di scale poste ad affiancare una fontana centrale, collocata a conclusione dell’asse visuale che dall’ingresso giunge al di sotto dell’arco di mezzo della parete di fondo del cortile.


L’ambizioso intervento architettonico, che avrebbe conferito “maggior bellezza e comodo” al palazzo nobiliare - relegando la precedente scalinata, posta lungo il fianco destro del cortile, a contenere locali magazzino - non fu mai attuato per problemi di natura economica; venne così mantenuta l’antica scalinata e, di lì a qualche anno, fu realizzata la fontana attualmente collocata sull’ampio terrazzo - un tempo dotato di giardino pensile -  che si affaccia su via Peligna.

A suggellare la conclusione dei lavori settecenteschi, un estratto catastale del 1764, annovera tra i beni della marchesa Smeralda Mazzara “la casa palaziata di più e diversi membri, con giardino pensile, cantina, fondaci e altri comodi”.

I documenti tacciono invece in merito ai lavori di rifacimento del cortile del palazzo che, da un’analisi stilistica dei partiti architettonici, sembra frutto di un intervento da collocarsi tra la fine del XVIII secolo e i primi decenni del secolo successivo. Quanto detto è particolarmente evidente nel severo ordine tuscanico che da vita alla loggia del primo piano del cortile, direttamente riferibile ad esempi abruzzesi di primo Ottocento.


Un ulteriore indizio in tal senso è dato dall’iscrizione, ancora oggi presente nell’intradosso di una piccola finestra collocata sulla parete di controfacciata del cortile, che reca la data 1837.

Allo stato attuale delle ricerche non è possibile riferire con certezza gli interventi sul cortile a tale data, ma è pur vero che da un’analisi attenta della pianta settecentesca, conservata presso la Biblioteca Comunale, non si rileva la presenza del complesso sistema di balaustre in pietra (alternate ad elementi metallici) e di basi poste a sorreggere la teoria di colonne tuscaniche attualmente esistente. Nel disegno settecentesco, inoltre, il pieno murario decorato con specchiature rettangolari, che oggi conclude la fila di sinistra delle colonne del loggiato in prossimità della parete verso l’ingresso al cortile, appare interrotto dall’apertura di una finestra che dà luce al vano scala retrostante.


È noto invece che nel 1885 il palazzo fu oggetto di ulteriori interventi di trasformazione che interessarono, però, i prospetti esterni dell’edificio - modificati attraverso la realizzazione di nuovi accessi con relativi portali in pietra – e i locali interni, tinteggiati e arricchiti  con due caminetti in marmo. Interventi in tal senso si ebbero, a più riprese, anche nel corso dei primi decenni del Novecento (1913, 1928, 1931).


Nella seconda metà degli anni Cinquanta, quando nel palazzo fu insediato l’Istituto tecnico per Geometri, forse per motivi di natura igienico-sanitaria, si coprirono, sotto uno strato di vernice scura, i partiti architettonici in pietra del cortile. Inoltre, per rispondere alle istanze di natura funzionale connesse all’insediamento dell’Istituzione scolastica, la loggia sud-est del cortile fu tamponata per ospitarvi i servizi igienici.


Nel 1973 il Comune di Sulmona acquistò, quindi, buona parte dei locali del palazzo e, nei primi anni ’80, fu condotto un intervento di “rifunzionalizzazione” dell’edificio, mirato sostanzialmente all’eliminazione delle superfetazioni aggiunte negli anni ’50, al parziale rifacimento delle strutture di copertura dell’edificio e alla realizzazione della scala in acciaio e vetro posta nel locale nord dell’edificio.


Purtroppo tali lavori furono preceduti da una maldestra opera di “liberazione” degli elementi in pietra del cortile dallo strato di vernice apposto negli anni ’50, condotto attraverso l’improprio e dannoso utilizzo di fresini elettrici.


Nel 2006 il palazzo è stato oggetto d’interventi di restauro conservativo che hanno interessato il cortile e, in particolar modo, i partiti architettonici  e decorativi in pietra ivi presenti.

Attualmente, al primo piano del palazzo si trovano gli uffici del Centro Regionale Beni Culturali e della Presidenza del Consiglio Comunale di Sulmona, mentre il terzo piano è in parte di proprietà privata.

Esterno

Il palazzo occupa un intero isolato di forma quadrangolare, delimitato da via Panfilo Mazzara, via Carrese e via Peligna. Dei quattro prospetti quello principale è articolato in tre livelli: il piano terra con gli ingressi dei locali commerciali ed il trattamento decorativo a fasce orizzontali di fine ottocento; il piano nobile dove alla teoria di finestre con lesene scanalate di ordine ionico e timpani curvilinei, si alternano balconi dal profilo mistilineo di varia grandezza, con ringhiere in ferro battuto “alla spagnola”, nella zona mediana, sopra l’ingresso principale, e alle due estremità del prospetto. La soprapposizione dei tre livelli, affidata al piano nobile alle cornici marcapiano e marcadavanzale, appare meno evidente al secondo piano dove, finestre rettangolari con coronamento rettilineo e sottodavanzale decorato con decorazioni a stucco sono unificate da un’esile cornice modanata. La zona mediana del prospetto è arricchita dalla presenza del portale con semicolonne tuscaniche su basamento, ribattute all’esterno da lesene. Il cortile interno, a pianta quadrata, è circondato su tre lati da un portico ad archi sostenuti da pilastri, coperto a volta, con interasse doppio rispetto al loggiato del secondo ordine, ad archetti su colonnine, metà delle quali insistono quindi sulla chiave d’arco sottostante, contraddicendo visivamente il consolidato principio architettonico che rifugge la sovrapposizione degli elementi pieni sui vuoti. Al terzo livello un piano attico con finestre quadrotte conclude e incornicia i prospetti del cortile.

Interno

Al pianterreno e a quello interrato si trovavano un tempo i locali di servizio cantine e magazzini) funzionali alle attività della famiglia: produzione agricola e vitivinicola allevamento di armenti. Oggi tali ambienti ospitano attività commerciali e locali di sgombero di proprietà comunale. Nei locali sotterranei è conservata la documentazione dell’archivio comunale. Al piano nobile, in cui si svolgeva la vita della famiglia, i due ambienti più vasti, con funzioni di rappresentanza, mostrano sulle volte decorazioni a rilievo in stucco dorato, con medaglioni a soggetto mitologico: il vano minore, forse adibito a sala da pranzo, reca al centro probabilmente un episodio della favola di Psiche, secondo il racconto di Lucio Apuleio; due porte lignee, opera del noto ebanista Ferdinando Mosca, lo mettono in comunicazione con l’ambiente attiguo, forse destinato a sala da ballo o da ricevimento, in cui il tema svolto nell’ornamentazione é quello del Giudizio di Paride. Altre stanze, disposte in sequenza, erano un tempo decorate a tempera su intonaco con soggetti di genere bucolico e pastorale; in quella centrale si conserva un frammento con scena campestre. Anche l’ala privata è impreziosita da decorazioni, in questo caso di carattere allegorico: la stanza da letto padronale, con volta a padiglione, reca un rosone centrale a motivi vegetali e medaglioni ovali con una coppia di sposi uniti da una catena e altri simboli della vita coniugale; adiacente ad essa é la biblioteca con l’attiguo studiolo, anch’esso dal soffitto riccamente ornato. Dal loggiato centrale, attraverso una porta-finestra, si accede all’ampia terrazza, un tempo giardino pensile con piante di agrumi - in ricordo della terra d’origine della famiglia - realizzato nel 1764 circa; pressochè contemporaneo dovette essere l’inserimento in una nicchia della fontana a parete di gusto rococò, con mascherone centrale ed elementi marini, affiancata da due medaglioni con versi latini riferiti alle acque del fiume Gizio e al profumo dei fiori.